"Tre cose solamente m'ènno in grado, le quali posso
non ben ben fornire, cioè la donna, la taverna e il dado:...",
inizia così uno dei più famosi sonetti di Cecco Angiolieri,
quale emblema del suo pensiero e delle sue più alte aspirazioni.
Egli visse nel XIII secolo a Siena ed è a lui che si pensa quando
si parla di "Lirica comico-realistica".
Il tratto comune di questi poeti è nel tono e nello stile,
rimangono i toni della lirica alta ma vengono adoperate
parole e sintassi della lingua parlata;sono soliti fare
caricature di amici e nemici, rappresentare l'amore sessuale
e donne volgari.Nel caso di Cecco la poesia si è sovrapposta
alla vita, creando una leggenda.Certo è che, l'umor nero o
malinconia, il suo amore infelice per una donna, Becchina,
che non si accorge neppure di lui, la sua rabbia contro il padre
che lo lascia senza soldi, il suo bisogno insoddisfatto di
godimento dei piaceri che la vita può dare, sono stati considerati
una realtà biografica, tanto che una critica dell'800 e '900
lo vede come un -cinico romantico-.
Ebbe una vita sregolata, gravata dai debiti (tant'è che i figli
rinunciarono all'eredità), ebbe una corrispondenza poetica con Dante
e in un sonetto polemizzò con lui. La sua produzione comprende
138 sonetti, di cui lui è il protagonista sempre in scena.
Boccaccio lo prende come soggetto di una novella nel "Decameron",
in cui narra di storie di furti e di odio contro i padri, e quale
personaggio migliore di Cecco che era solito cantare:
"...... S'i' fosse morte, andarei da mi' padre;.....".
Paola Affettuoso