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- È come la notte di Natale! - andava dicendo Jeli al ragazzo che l'aiutava a condurre il branco, - che in ogni fattoria si fa festa e luminaria, e per tutta la campagna si vedono qua e là dei fuochi -. Il ragazzo sonnecchiava, spingendo adagio adagio una gamba dietro l'altra, e non rispondeva nulla; ma Jeli che si sentiva rimescolare tutto il sangue da quella campana, non poteva star zitto, come se ognuno di quei razzi che strisciavano sul bujo taciti e lucenti dietro il monte gli sbocciassero dall'anima. - Mara sarà andata anche lei alla festa di San Giovanni, - diceva, - perché ci va tutti gli anni -. E senza curarsi che Alfio, il ragazzo, non rispondesse nulla: - Tu non sai? ora Mara è alta così, che è più grande di sua madre che l'ha fatta, e quando l'ho rivista non mi pareva vero che fosse proprio quella stessa con cui si andava a cogliere i fichidindia, e a bacchiare le noci -. E si mise a cantare ad alta voce tutte le canzoni che sapeva. - O Alfio, che dormi? - gli gridò quando ebbe finito. - Bada che la bianca ti vien sempre dietro, bada! - No, non dormo! - rispose Alfio con voce rauca. - La vedi la puddara, che sta ad ammiccarci lassù, verso Granvilla, come sparassero dei razzi anche a Santa Domenica? Poco può passare a romper l'alba; pure alla fiera arriveremo in tempo per trovare un buon posto. Ehi, morellino bello! che ci avrai la cavezza nuova, colle nappine rosse, per la fiera! e anche tu, stellato! Così andava parlando all'uno e all'altro dei puledri, perché si rinfrancassero sentendo la sua voce al bujo. Ma gli doleva che lo stellato e il morellino andassero alla fiera per esser venduti. - Quando saran venduti, se ne andranno col padrone nuovo, e non si vedranno più nella mandria, com'è stato di Mara, dopo che se ne fu andata a Marineo. - Suo padre sta benone laggiù a Marineo; ché quando andai a trovarli mi misero dinanzi pane, vino, formaggio, e ogni ben di Dio, perché egli è quasi il fattore, ed ha le chiavi di ogni cosa, e avrei potuto mangiarmi tutta la fattoria, se avessi voluto. Mara non mi conosceva quasi più da tanto che non mi vedeva! e si mise a gridare: «Oh! guarda! è Jeli, il guardiano dei cavalli, quello di Tebidi!». Gli è come quando uno torna da lontano, che al vedere soltanto il cocuzzolo di un monte, gli basta a riconoscere subito il paese dove è cresciuto. La gnà Lia non voleva che le dessi più del tu, alla Mara, ora che sua figlia si è fatta grande, perché la gente che non sa nulla, chiacchiera facilmente. Mara invece rideva, e sembrava che avesse infornato il pane allora allora, tanto era rossa; apparecchiava la tavola, e spiegava la tovaglia che non pareva più quella. «O che ti rammenti più di Tebidi?» le chiesi appena la gnà Lia fu sortita per spillare del vino fresco dalla botte. «Sì, sì, me ne rammento», mi disse ella «a Tebidi c'era la campana, col campanile che pareva un manico di saliera, e si suonava dal ballatoio, e c'erano pure due gatti di sasso, che facevano le fusa sul cancello del giardino».