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Ma la prima volta che per sua disgrazia rivide don Alfonso già uomo fatto, Jeli sentì come una botta allo stomaco. Come s'era fatto grande e bello! con quella catena d'oro sul panciotto, e la giacca di velluto, e la barba liscia che pareva d'oro anch'essa. Niente superbo poi, tanto che gli batté sulla spalla salutandolo per nome. Era venuto col padrone della fattoria insieme a una brigata d'amici, a fare una scampagnata nel tempo che si tosavano le pecore; ed era venuta pure Mara all'improvviso, col pretesto che era incinta e aveva voglia di ricotta fresca. Era una bella giornata calda, nei campi biondi, colle siepi in fiore, e i lunghi filari verdi delle vigne. Le pecore saltellavano e belavano dal piacere, al sentirsi spogliate da tutta quella lana, e nella cucina le donne facevano un bel fuoco per cuocere la gran roba che il padrone aveva portato per il desinare. I signori intanto che aspettavano si erano messi all'ombra, sotto i carrubi, e facevano suonare i tamburelli e le cornamuse, o ballavano colle donne della fattoria, chi ne aveva voglia. Jeli mentre andava tosando le pecore, si sentiva rodere dentro di sé, senza sapere perché, come uno spino, un chiodo fitto, una forbice fine che gli lavorasse dentro minuta minuta, peggio di un veleno. Il padrone aveva ordinato che si sgozzassero due capretti, e il castrato di un anno, e dei polli, e un tacchino. Insomma voleva fare le cose in grande, senza risparmio, per farsi onore coi suoi amici, e mentre tutte quelle bestie schiamazzavano dal dolore, e i capretti strillavano sotto il coltello, Jeli si sentiva tremare le ginocchia e di tratto in tratto gli pareva che la lana che andava tosando e l'erba in cui le pecore saltellavano avvampassero di sangue. - Non andare! - disse egli a Mara, come don Alfonso la chiamava perché venisse a ballare cogli altri. - Non andare, Mara! - Perché? - Non voglio che tu vada! Non andare! - Lo senti che mi chiamano? - Egli non disse altro, fattosi brutto come la malanuova, mentre stava curvo sulle pecore che tosava. Mara si strinse nelle spalle, e se ne andò a ballare. Ella era rossa ed allegra, cogli occhi neri che sembravano due stelle, e rideva che le si vedevano i denti bianchi, e tutto l'oro che aveva indosso le sbatteva e le scintillava sulle guance e sul petto che pareva la Madonna tale e quale. Jeli un tratto si rizzò sulla vita, colla lunga forbice in pugno, così bianco in viso, così bianco come era una volta suo padre il vaccajo, quando tremava dalla febbre accanto al fuoco, nel casolare. Guardò don Alfonso, colla bella barba ricciuta, e la giacchetta di velluto e la catenella d'oro sul panciotto, che prendeva Mara per la mano e l'invitava a ballare; lo vide che allungava il braccio, quasi per stringersela al petto, e lei che lo lasciava fare - allora, Signore perdonategli, non ci vide più, e gli tagliò la gola di un sol colpo, proprio come un capretto. Più tardi, mentre lo conducevano dinanzi al giudice, legato, disfatto, senza che avesse osato opporre la minima resistenza: - Come, - diceva - non dovevo ucciderlo nemmeno?... Se mi aveva preso la Mara!... -