Assai bene, amorose donne, si guadagnò Spinelloccio la beffa che fatta gli fu dal Zeppa; per la qual cosa non mi pare che agramente sia da riprendere, come Pampinea volle poco innanzi mostrare, chi fa beffa alcuna a colui che la va cercando o che la si guadagna. Spinelloccio la si guadagnò; e io intendo di dirvi d'uno che se l'andò cercando; estimando che quegli che gliele fecero, non da biasimare ma da com mendar sieno. E fu colui a cui fu fatta un medico, che a Firenze da Bologna, essendo una pecora, tornò tutto coperto di pelli di vai.
Sì come noi veggiamo tutto il dì i nostri cittadini da Bologna ci tornano qual giudice e qual medico e qual notaio, co'panni lunghi e larghi, e con gli scarlatti e co'vai, e con altre assai apparenze grandissime, alle quali come gli effetti succedano anche veggiamo tutto giorno. Tra'quali un maestro Simone da Villa, più ricco di ben paterni che di scienza, non ha gran tempo, vestito di scarlatto e con un gran batalo, dottor di medicine, secondo che egli medesimo diceva, ci ritornò, e prese casa nella via la quale noi oggi chiamiamo la Via del Cocomero.
Questo maestro Simone novellamente tornato, sì come è detto, tra gli altri suoi costumi notabili aveva in costume di domandare chi con lui era chi fosse qualunque uomo veduto avesse per via passare; e quasi degli atti degli uomini dovesse le medicine che dar doveva a'suoi infermi comporre, a tutti poneva mente e raccoglievali.
E intra gli altri, alli quali con più efficacia gli vennero gli occhi addosso posti, furono due dipintori dei quali s'è oggi qui due volte ragionato, Bruno e Buffalmacco, la compagnia de'quali era continua, ed eran suoi vicini. E parendogli che costoro meno che alcuni altri del mondo curassero e più lieti vivessero, sì come essi facevano, più persone domandò di lor condizione; e udendo da tutti costoro essere poveri uomini e dipintori, gli entrò nel capo non dover potere essere che essi dovessero così lietamente vivere della lor povertà, ma s'avvisò, per ciò che udito avea, che astuti uomini erano, che d'alcuna altra parte non saputa da gli uomini dovesser trarre profitti grandissimi; e per ciò gli venne in disidero di volersi, se esso potesse con amenduni, o con l'uno almeno, dimesticare; e vennegli fatto di prendere dimestichezza con Bruno. E Bruno, conoscendo, in poche di volte che con lui stato era, questo medico essere uno animale, cominciò di lui ad avere il più bel tempo del mondo con sue nuove novelle, e il medico similmente cominciò di lui a prendere maraviglioso piacere. E avendolo alcuna volta seco invitato a desinare e per questo credendosi dimesticamente con lui poter ragionare, gli disse la maraviglia che egli si faceva di lui e di Buffalmacco, che, essendo poveri uomini, così lietamente viveano; e pregollo che gli 'nsegnasse come facevano. Bruno, udendo il medico, e parendogli la domanda dell'altre sue sciocche e dissipite, cominciò a ridere, e pensò di rispondergli secondo che alla sua pecoraggine si convenia, e disse:
- Maestro, io nol direi a molte persone come noi facciamo, ma di dirlo a voi, perché siete amico e so che ad altrui nol direte, non mi guarderò. Egli è il vero che il mio compagno e io viviamo così lietamente e così bene come vi pare e più; né di nostra arte né d'altro frutto, che noi d'alcune possessioni traiamo, avremmo da poter pagar pur l'acqua che noi logoriamo; né voglio per ciò che voi crediate che noi andiamo ad imbolare, ma noi andiamo in corso, e di questo ogni cosa che a noi è di diletto o di bisogno, senza alcun danno d'altrui, tutto traiamo, e da questo viene il nostro viver lieto che voi vedete.
Il medico udendo questo e, senza saper che si fosse, credendolo, si maravigliò molto; e subitamente entrò in disidero caldissimo di sapere che cosa fosse l'andare in corso; e con grande instanzia il pregò che gliel dicesse, affermandogli che per certo mai a niuna persona il direbbe.
- Ohmè! - disse Bruno - maestro, che mi domandate voi? Egli è troppo gran segreto quello che voi volete sapere, ed è cosa da disfarmi e da cacciarmi del mondo; anzi da farmi mettere in bocca del Lucifero da San Gallo, se altri il risapesse; ma sì è grande l'amor che io porto alla vostra qualitativa mellonaggine da Legnaia, e la fidanza la quale ho in voi, che io non posso negarvi cosa che voi vogliate; e per ciò io il vi dirò con questo patto, che voi per la croce a Montesone mi giurerete che mai, come promesso avete, a niuno il direte. Il maestro affermò che non farebbe.
- Dovete adunque, - disse Bruno - maestro mio dolciato, sapere che egli non è ancora guari che in questa città fu un gran maestro in nigromantia, il quale ebbe nome Michele Scotto, per ciò che di Scozia era, e da molti gentili uomini, de'quali pochi oggi son vivi, ricevette grandissimo onore; e volendosi di qui partire, ad istanzia de'prieghi loro ci lasciò due suoi soffficienti discepoli, a'quali impose che ad ogni piacere di questi cotali gentili uomini, che onorato l'aveano, fossero sempre presti.
Costoro adunque servivano i predetti gentili uomini di certi loro innamoramenti e d'altre cosette liberamente; poi, piacendo lor la città e i costumi degli uomini, ci si disposero a voler sempre stare, e preserci di grandi e di strette amistà con alcuni, senza guardare chi essi fossero, più gentili che non gentili, o più ricchi che poveri, solamente che uomini fossero conformi a'lor costumi. E per compiacere a questi così fatti loro amici ordinarono una brigata forse di venticinque uomini, li quali due volte almeno il mese insieme si dovessero ritrovare in alcun luogo da loro ordinato; e qui vi essendo, ciascuno a costoro il suo disidero dice, ed essi prestamente per quella notte il forniscono. Co'quali due avendo Buffalmacco e io singulare amistà e dimestichezza, da loro in cotal brigata fummo messi, e siamo. E dicovi così che, qualora egli avvien che noi insieme ci raccogliamo, è maravigliosa cosa a vedere i capoletti intorno alla sala dove mangiamo, e le tavole messe alla reale, e la quantità de'nobili e belli servidori, così femine come maschi, al piacer di ciascuno che è di tal compagnia, e i bacini, gli urciuoli, i fiaschi e le coppe e l'altro vasellamento d'oro e d'argento, ne'quali noi mangiamo e beiamo; e oltre a questo le molte e varie vivande, secondo che ciascun disidera, che recate ci sono davanti ciascheduna a suo tempo.
Io non vi potrei mai divisare chenti e quanti sieno i dolci suoni d'infiniti istrumenti e i canti pieni di melodia che vi s'odono; né vi potrei dire quanta sia la cera che vi s'arde a queste cene, né quanti sieno i confetti che vi si con sumano e come sieno preziosi i vini che vi si beono. E non vorrei, zucca mia da sale, che voi credeste che noi stessimo là in questo abito o con questi panni che ci vedete: egli non ve n'è niuno sì cattivo che non vi paresse uno imperadore, sì siamo di cari vestimenti e di belle cose ornati.
Ma sopra tutti gli altri piaceri che vi sono, si è quello delle belle donne, le quali subitamente, purché l'uom voglia, di tumo il mondo vi son recate. Voi vedreste quivi la donna dei Barbanicchi, la reina de'Baschi, la moglie del soldano, la imperadrice d'Osbech, la ciancianfera di Norrueca, la semistante di Berlinzone e la scalpedra di Narsia. Che vivo io annoverando? E'vi sono tutte le reine del mondo, io dico infino alla schinchimurra del Presto Giovanni, che ha per me' '1 culo le corna: or vedete oggimai voi! Dove, poi che hanno bevuto e confettato, fatta una danza o due, ciascuna con colui a cui stanzia v'è fatta venire se ne va nel la sua camera.
E sappiate che quelle camere paiono un paradiso a veder, tanto son belle; e sono non meno odorifere che sieno i bossoli delle spezie della bottega vostra, quando voi fate pestare il comino, e havvi letti che vi parrebber più belli che quello del doge di Vinegia, e in quegli a riposar se ne vanno. Or che menar di calcole e di tirar le casse a sè per fare il panno serrato faccian le tessitrici, lascerò io pensare pure a voi! Ma tra gli altri che meglio stanno, secondo il parer mio, siam Buffalmacco e io, per ciò che Buffalmacco le più delle volte vi fa venir per sè la reina di Francia, e io per me quella d'Inghilterra, le quali son due pur le più belle donne del mondo; e sì abbiamo saputo fare che elle non hanno altro occhio in capo che noi. Per che da voi medesimo pensar potete se noi possiamo e dobbiamo vivere e andare più che gli altri uomini lieti, pensando che noi abbiamo l'amor di due così fatte reine; senza che, quando noi vogliamo un mille o un dumilia fiorini da loro, noi non gli abbiamo prestamente. E questa cosa chiamiam noi vulgarmente l'andare in corso; per ciò che sì come i corsari tolgono la roba d'ogn'uomo, e così facciam noi; se non che di tanto siam differenti da loro, che eglino mai non la rendono, e noi la rendiamo come adoperata l'abbiamo.
Ora avete, maestro mio da bene, inteso ciò che noi diciamo l'andare in corso; ma quanto questo voglia esser segreto voi il vi potete vedere, e per ciò più nol vi dico né ve ne priego.
Il maestro, la cui scienzia non si stendeva forse più oltre che il medicare i fanciulli del lattime, diede tanta fede alle parole di Bruno quanta si saria convenuta a qualunque verità; e in tanto disiderio s'accese di volere essere in questa brigata ricevuto, quanto di qualunque altra cosa più disiderabile si potesse essere acceso. Per la qual cosa a Bruno rispose che fermamente maraviglia non era se lieti andavano; e a gran pena si temperò in riservarsi di richiederlo che essere il vi facesse, infino a tanto che, con più onor fattogli, gli potesse con più fidanza porgere i prieghi suoi.
Avendoselo adunque riservato, cominciò più a continuare con lui l'usanza e ad averlo da sera e da mattina a mangiar seco e a mostrargli smisurato amore; ed era sì grande e sì continua questa loro usanza, che non parea che senza Bruno il maestro potesse né sapesse vivere.
Bruno, parendogli star bene, acciò che ingrato non paresse di questo onor fattogli dal medico, gli aveva dipinto nella sala sua la quaresima e uno agnus dei all'entrar della camera e sopra l'uscio della via uno orinale, acciò che coloro che avessero del suo consiglio bisogno il sapessero riconoscere dagli altri; e in una sua loggetta gli aveva dipinta la battaglia dei topi e delle gatte, la quale troppo bella cosa pareva al medico. E oltre a questo diceva alcuna volta al maestro, quando con lui non avea cenato:
- Stanotte fu'io alla brigata, ed essendomi un poco la reina d'Inghilterra rincresciuta, mi feci venire la gumedra del gran Can d'Altarisi.
Diceva il maestro:
- Che vuol dire gumedra? Io non gli intendo questi nomi.
- O maestro mio,- diceva Bruno - io non me ne maraviglio, ché io ho bene udito dire che Porcograsso e Vannaccena non ne dicon nulla.
Disse il maestro:
- Tu vuoi dire Ipocrasso e Avicenna.
Disse Bruno:
- Gnaffe! io non so; io m'intendo così male de'vostri nomi come voi de'miei; ma la gumedra in quella lingua del gran Cane vuol tanto dire quanto imperadrice nella nostra. O ella vi parrebbe la bella feminaccia! Ben vi so dire che ella vi farebbe dimenticare le medicine e gli argomenti e ogni impiastro.
E così dicendogli alcuna volta per più accenderlo, avvenne che, parendo a messer lo maestro una sera a vegghiare, parte che il lume teneva a Bruno che la battaglia de'topi e delle gatte dipignea, bene averlo co'suoi onori preso, che egli si dispose d'aprirgli l'animo suo; e soli essendo, gli disse:
- Bruno, come Iddio sa, egli non vive oggi alcuna persona per cui io facessi ogni cosa come io farei per te; e per poco, se tu mi dicessi che io andassi di qui a Peretola, io credo che io v'andrei; e per ciò non voglio che tu ti maravigli se io te dimesticamente e a fidanza richiederò.
Come tu sai, egli non è guari che tu mi ragionasti de'modi della vostra lieta brigata, di che sì gran disiderio d'esserne m'è venuto, che mai niuna altra cosa si disiderò tanto. E. questo non è senza cagione, come tu vedrai se mai avviene che io ne sia; ché infino ad ora voglio io che tu ti facci beffe di me se io non vi fo venire la più bella fante che tu vedessi già è buona pezza, che io vidi pur l'altr'anno a Cacavincigli, a cui io voglio tutto il mio bene; e per lo corpo di Cristo che io le volli dare dieci bolognini grossi, ed ella mi s'acconsentisse, e non volle. E però quanto più posso ti priego che m'insegni quello che io abbia a fare per dovervi potere essere, e che tu ancora facci e adoperi che io vi sia; e nel vero voi avrete di me buono e fedel compagno e orrevole. Tu vedi innanzi innanzi come io sono bello uomo e come mi stanno bene le gambe in su la persona, e ho un viso che pare una rosa, e oltre a ciò son dottore di medicine, che non credo che voi ve n'abbiate niuno; e so di molte belle cose e di belle canzonette, e vo'tene dire una - ; e di botto incominciò a cantare.
Bruno aveva sì gran voglia di ridere che egli in sè medesimo non capeva; ma pur si tenne. E finita la canzone, e '1 maestro disse:
- Che te ne pare?
Disse Bruno:
- Per certo con voi perderieno le cetere de'sagginali, sì artagoticamente stracantate.
Disse il maestro:
- Io dico che tu non l'avresti mai creduto, se tu non m'avessi udito.
- Per certo voi dite vero,- disse Bruno.
Disse il maestro:
- Io so bene anche dell'altre, ma lasciamo ora star questo. Così fatto come tu mi vedi, mio padre fu gentile uomo, benché egli stesse in contado, e io altressì son nato per madre di quegli da Vallecchio; e, come tu hai potuto vedere, io ho pure i più be'libri e le più belle robe che medico di Firenze. In fè di Dio, io ho roba che costò, contata ogni cosa, delle lire presso a cento di bagattini, già è degli anni più di dieci. Per che quanto più posso ti priego che facci che io ne sia; e in fè di Dio, se tu il fai, sie pure infermo se tu sai, che mai di mio mestiere io non ti torrò un denaio.
Bruno, udendo costui, e parendogli, sì come altre volte assai paruto gli era, un lavaceci, disse:
- Maestro, fate un poco il lume più qua, e non v'incresca infin tanto che io abbia fatte le code a questi topi, e poi vi risponderò.
Fornite le code, e Bruno faccendo vista che forte la petizion gli gravasse, disse:
- Maestro mio, gran cose son quelle che per me fareste, e io il conosco; ma tuttavia quella che a me addimandate, quantunque alla grandezza del vostro cervello sia piccola, pure è a me grandissima, né so alcuna persona del mondo per cui io potendo la mi facessi, se io non la facessi per voi, sì perché v'amo quanto si conviene, e sì per le parole vostre le quali son condite di tanto senno che trarrebbono le pinzochere degli usatti, non che me del mio proponimento; e quanto più uso con voi, più mi parete savio. E dicovi ancora così, che se altro non mi vi facesse voler bene, sì vi vo'bene perché veggio che innamorato siete di così bella cosa come diceste. Ma tanto vi vo'dire: io non posso in queste cose quello che voi avvisate, e per questo non posso per voi quello che bisognerebbe adoperare; ma, ove voi mi promettiate sopra la vostra grande e calterita fede di tenerlomi credenza, io vi darò il modo che a tenere avrete; e parmi esser certo che, avendo voi così be'libri e l'altre cose che di sopra dette m'avete, che egli vi verrà fatto.
A cui il mastro disse:
- Sicuramente di': io veggio che tu non mi conosci bene e non sai ancora come io so tenere segreto. Egli erano poche cose che messer Guasparruolo da Saliceto facesse, quando egli era giudice della podestà di Forlimpopoli, che egli non me le mandasse a dire, perché mi trovava così buon segretaro. E vuoi vedere se io dico vero? Io fui il primaio uomo a cui egli dicesse che egli era per isposare la Bergamina: vedi oggimai tu!
- Or bene sta dunque,- disse Bruno - se cotestui se ne fidava, ben me ne posso fidare io. Il modo che voi avrete a tener fia questo. Noi sì abbiamo a questa nostra brigata un capitano con due consiglieri, li quali di sei in sei mesi si mutano; e senza fallo a calendi sarà capitano Buffalmacco e io consigliere, e così è fermato; e chi è capitano può molto in mettervi e far che messo vi sia chi egli vuole; e per ciò a me parrebbe che voi, in quanto voi poteste, prendeste la dimestichezza di Buffalmacco e facestegli onore. Egli è uomo che, veggendovi così savio, s'innamorerà di voi incontanente, e quando voi l'avrete col senno vostro e con queste buone cose che avete un poco dimesticato, voi il potrete richiedere: egli non vi saprà dir di no. Io gli ho già ragionato di voi, e vuolvi il meglio del mondo; e quando voi avrete fatto così, lasciate far me con lui.
Allora disse il maestro:
- Troppo mi piace ciò che tu ragioni; e se egli è uomo che si diletti de'savi uomini, e favellami pure un poco, io farò ben che egli m'andrà sempre cercando, per ciò che io n'ho tanto del senno, che io ne potrei fornire una Città. e rimarrei savissimo.
Ordinato questo, Bruno disse ogni cosa a Buffalmacco per ordine; di che a Buffalmacco parea mille anni di dovere essere a far quello che questo maestro Scipa andava cercando.