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La fiera era già sul finire, né Jeli spuntava ancora colle bestie, di là del gomito che faceva lo stradone. Sulle pendici riarse del calvario e del mulino a vento, rimaneva tuttora qualche branco di pecore, strette in cerchio col muso a terra e l'occhio spento, e qualche pariglia di buoi dal pelo lungo, di quegli che si vendono per pagare il fitto delle terre, che aspettavano immobili, sotto il sole cocente. Laggiù, verso la valle, la campana di San Giovanni suonava la messa grande, accompagnata dal lungo crepitìo dei mortaletti. Allora il campo della fiera sembrava trasalire, e correva un gridìo che si prolungava fra le tende dei trecconi schierate nella salita dei Galli, scendeva per le vie del paese, e sembrava ritornare dalla valle dov'era la chiesa. - Viva San Giovanni! - Santo diavolone! - strillava il fattore, - quell'assassino di Jeli mi farà perdere la fiera! - Le pecore levavano il muso attonito, e si mettevano a belare tutte in una volta, e anche i buoi facevano qualche passo lentamente, guardando in giro, con grandi occhi intenti. Il fattore era così in collera perché quel giorno dovevasi pagare il fitto delle chiuse grandi, «come San Giovanni fosse arrivato sotto l'olmo», diceva il contratto, e a completare la somma si era fatto assegnamento sulla vendita dei puledri. Intanto di puledri, e cavalli, e muli, ce n'erano quanti il Signore ne aveva fatti, tutti strigliati e lucenti, e ornati di fiocchi, e nappine, e sonagli, che scodinzolavano per scacciare la noia, e voltavano la testa verso ognuno che passava, come aspettassero un'anima caritatevole che volesse comprarli. - Si sarà messo a dormire, quell'assassino! - seguita a gridare il fattore; - e mi lascia i puledri sulla pancia! - Invece Jeli aveva camminato tutta la notte, acciocché i puledri arrivassero freschi alla fiera, e prendessero un buon posto nell'arrivare, ed era giunto al piano del corvo che ancora i tre re non erano tramontati, e luccicavano sul monte Arturo, colle braccia in croce. Per la strada passavano continuamente carri, e gente a cavallo, che andavano alla festa; per questo il giovanetto teneva ben aperti gli occhi, acciò i puledri, spaventati dall'insolito via vai, non si sbandassero, ma andassero uniti lungo il ciglione della strada, dietro la bianca che camminava diritta e tranquilla, col campanaccio al collo. Di tanto in tanto, allorché la strada correva sulla sommità delle colline, si udiva sin lassù la campana di San Giovanni, che anche nel bujo e nel silenzio della campagna arrivava la festa, e per tutto lo stradone, lontan lontano, sin dove c'era gente a piedi o a cavallo che andava a Vizzini, si udiva gridare: - Viva San Giovanni! - e i razzi salivano diritti e lucenti dietro i monti della Canziria, come le stelle che piovono in agosto.