"Re
Vistap domandò: com'è la terra e la regione degli occhi-sul-petto
e degli orecchi-sul-petto e dei loripedi e dei nani e dei cinocefali?"
1
Affacciata
su quel mare che in epoche remote vedeva Oannes sorgere per
dare all'uomo i primi rudimenti della civiltà, stesa tra il
2° e il 18° parallelo nord e confinante con la Somalia, il Kenia
e il Sudan questa dev'essere la terra che incuriosiva quel mitico
re Persiano, Plinio, Tolomeo e tanti, tanti secoli più tardi
anche gente comune come me e te.
Popolata
per la maggiore da fiere popolazioni di ceppo cuscita e in misura
minore nilotici che sempre hanno saputo conservare la loro indipendenza,
grande oltre quattro volte l'Italia, offre una varietà geomorfologica,
faunistica e floristica unica al mondo.
Unico
al mondo è anche il manto di dolore che attualmente la ricopre;
ovunque si son creati fronti di liberazione, movimenti separatisti
e indipendentisti che combattono contro il governo centrale
un pò ovunque ma in particolare in Eritrea ove da ormai un trentennio
una lunga, sanguinosa lotta si svolge con fasi alterne e pure
alternativamente alimentata dalle grandi potenze, alternativamente
nel senso che le alleanze sovente si ribaltano per quel che
riguarda le forniture di strumenti di morte e in un certo senso
di primaria importanza risulta nella creazione di questo stato
di cose la responsabilità della grandi potenze, notoriamente
Stati Uniti e in particolare Unione Sovietica, che non esitano
a offrire apertamente un pugno di grano e meno apertamente enormi
quantitativi di armamenti che infloridiscono le loro rispetive
industrie sulla pelle delle popolazioni del terzo mondo.
La
carestia, da epoche remote uno dei mali endemici dell'Etiopia,
logicamente ha ispessito a dismisura quel già penoso manto di
dolore in quanto tutte le braccia valide, incluso bambini, anziani
e donne hanno abbandonato gli attrezzi di coltura e, sovente
forzatamente, si son ritrovati a combattere una guerra fraticida
gettati in una lotta che al di la di quei confini apparentemente
non interessa nessuno, ma che forse cominciamo a sentire solo
per l'incomodo peso di decine di migliaia di profughi e rifugiati
che cominciano a far parlare di se per via di incresciosi episodi
di intolleranza razziale da parte nostra.
Devo
ammetterlo, laggiù anche noi abbiamo subito episodi - ma comunque
di lieve entità - di razzismo ma era un razzismo istigato e
instillato politicamente o dal ricordo delle atrocità della
seconda guerra mondiale, un razzismo forse necessario a consentir
loro di preservare la loro identità rispetto a quei bianchi
che che culturalmente e socialmente si sentivano superiori e
non esitavano ad ostentarlo.
Si
fanno manifestazioni e comizi, si tappezzano di cartelli e scritte
più o meno clandestine i muri delle nostre città per altre cause
non sempre altrettanto valide e indubbiamente meno sanguinose
e penose, dimmi … perchè nessuno si muove per ridare al paradiso
le sua sembianze?
Quando
l'Italia era un impero niente era più importante dell'Etiopia;
quando il nostro impero è crollato nessuno ha comunque dato
più degli italiani a quelle terre e nessuno più degli italiani
colà rimasti ne ha beneficiato; quando l'Impero Etiopico si
è sfasciato e dissolto sotto la falce e il martello nessuno
si è dimostrato più noncurante degli italiani. Eppure con quelle
terre e quei popoli abbiamo avuto un legame storico indissolubile
che ha messo in secondo piano anche le atrocità perpretate -
da ambo le parti - durante le guerre coloniali e l'ultimo conflitto
mondiale.
Altrove
ho scritto che ai lati opposti della cittadina di Keren vi sono
i cimiteri di guerra britannico ed italiano, ove le croci non
si contano, e, in quello italiano son numerosissime le lapidi
che indicano, immancabilmente con la dicitura ignoto
gli ascari caduti combattendo a fianco e per la stessa causa
dei nostri militi; ci sono molti altri cimiteri di guerra in
quelle terre e molti altri ne sorgeranno …
Nei
momenti più intensi della guerra, tra il 1975 e il 1977, quando
la mia cambusa era stracolma di generi alimentari e l'acqua
traboccava dai miei fusti di riserva, più d'una volta sfidando
le pallottole qualche eritreo venne a bussare alla mia porta
offrendomi un piatto di cibo - era l'offerta di chi non aveva
più niente altro che una manciata di cibo e un sorso d'acqua
… conosci qualcuno che merita di più di quelle genti … ? Ma
dimmi, perchè non ti interessano? Nessuno deve a loro più di
quanto noi gli doviamo, nessuno è stato accumunato a loro nella
storia e nella sofferenza quanto noi lo siamo stati, perchè
questa cecità e questa indifferenza?
Se
parli con un eritreo, ti rimprovera risentito che noi, così
a lungo accumunati a loro, non abbiamo mai mosso un dito per
aiutarli nella loro guerra; personalmente trovo senz'altro giusto
l'aver evitato forniture belliche anche se in tutta probabilità
questo gesto di apparente civiltà è dovuto esclusivamente alla
salvaguardia dei pochi connazionali la rimasti, non possiamo
inimicarci la fazione opposta; ne avendo precisi rapporti politici
con uno stato possiamo attizzarne i fuocherelli interni anche
se, per ovvie ragioni storiche, siamo più propensi ad un legame
con l'Eritrea che con un'Etiopia in mano ad una dittatura repressiva
e sanguinaria. Nessun eritreo mi ha mai rimproverato il fatto
che noi non abbiamo fatto niente per la pace, lui vive con un
ideale preciso - combattere fino alla fine per l'indipendenza
- e apparentemente non nota questo risvolto. Ma se - a mio avviso
giustamente - non li aiutiamo per la loro ovvia causa in termini
di morte possiamo evitare loro una grande ingiustizia da parte
nostra e fare nostra la loro causa in termini di vita e muoverci,
aiutarli per la pace.
Qualcuno
obietterà che abbiamo mandato grano, vestiario, generi di prima
necessità e medici in quei momenti in cui l'opinione pubblica
si è sensibilizzata, ma non basta e serve a poco; gli stomachi
si svuotano presto, le malattie incalzano, la loro vita ricoperta
di sudici cenci continua miseramente. E quegli aiuti non son
comunque finiti dove erano indirizzati.
Personalmente
non ho mai dato una lira a benemerite organizzazioni umanistiche
a loro favore, e non esito a dirlo, tanta gente già grassa e
corrotta è ingrassata ancor di più con quegli aiuti e non solo
in Etiopia e ancora non esito a dirlo, ma anche Roma …
Il
mio contributo voglion esserlo queste righe e non è un contributo
unilaterale perchè la pace tocca ambo le parti e in ultima analisi
io, italiano di nascita e cittadino italiano, come tanti di
voi sono nato e vissuto tra quelle genti e appartengo più a
loro che alla mia eredità etnica e culturale.
Quand'ero
bambino nel mio portafoglio avevo sempre un lembo di bandiera
tricolore, che tutt'ora conservo; con i compagni di scuola si
giocava alla guerra. Tra di noi alternativamente uno era il
Duce, uno era il Duca d'Aosta, uno era Graziani e così via.
La fazione opposta ovviamente comprendeva Rommel, Bismark e
forse Hailè Selassiè o Stalin; sovente qualcuno impersonava
il giovane Principe Ereditario Etiopico, perito in un tragico
ma più probabilmente artificiosamente creato incidente automobilistico,
principe che era la speranza di tutti gli etiopici e stranieri
che guardavano all'approssimarsi del dopo Hailè Selassiè.
Ovviamente per noi bambini erano solo nomi che ci arrivavano
dall'eco ancora non smorzato di una guerra appena terminata
ma tutti indistintamente sentivamo una cosa, l'amore per la
patria lontana che non conoscevamo, la nostra italianità.
I
bambini giocano ancora alla guerra in Etiopia e in Eritrea,
ma le loro mani non sono armate col fucile di legno come quello
che mi costruiva lo zio falegname ma con Kalashnikov sovietici
e M16 statunitensi, il loro gioco è un gioco con la morte e
noi indifferenti lasciamo che continui mentre guardiamo i nostri
figli crescere allegramente superconfortati da spesso inutili
e superflue comodità, addobbati ostentatamente e nutriti sino
alla nausea; a volte ci capita di chiamarli per fargli vedere
sullo schermo del televisore tanti piccoli scheltri malati e
sofferenti, i fratelli e le sorelle minori o i figli dei bambini
che un giorno giocavano con loro.
Questo
stupendo pianeta, la terra, ospita un esiguo gruppo di individui
che il vento degli eventi ha sparso un pò ovunque nel globo,
vittime di un malanno tanto grave quanto incurabile e che si
acquisisce solo in una delle regioni più piccole del globo:
in Eritrea. Il morbo è una nostalgia irriducibile e nessuno
che abbia vissuto in Eritrea ne è esente né può esserne curato.
Buona parte di questo gruppo di irriducibili nostalgici 2
si abbevera alle fonti del Mai Tacli, una rivista in lingua
italiana creata da loro per loro e per chiunque nutre un certo
interesse per l’Eritrea. Parlano continuamente del mal d’Africa,
anche loro come me hanno l’Africa che si portano dentro, anche
loro come me sono nati o comunque vissuti a lungo nell’Eden
e rammentano solo e sempre una terra ormai mitica che considerano
la loro terra e più di te, che sai solo per sentito dire, sanno
cosa vuol dire perdere il paradiso. Quello che hanno nel cuore
però non è solo nostalgia ma anche sofferenza, sofferenza dovuta
alla situazione che in Eritrea attualmente imperversa e che
come possono, nella loro ristretta cerchia, cercano di lenire
mandando aiuti e cos’altro possibile.
Tra
le altre cose ora sono riusciti a mandare in porto una colletta
che permetterà di rimettere in sesto il grande e vecchio orologio
del campanile
della magnifica cattedrale di Asmara che costruito in mattoni
su una base di pietra e alto cinquantadue metri lo rendono visibile
da ogni lato della città e dotato di un gruppo di grosse campane
che ai bei tempi e sotto la direzione del vecchio padre Egidio
avrebbero benissimo potuto suonare la nona sinfonia di Beethoven.
Leggendo
la notizia sul Mai Tacli ed alla quale fa sfondo una foto del
campanile citato, date le attuali circostanze un pensiero cupo
mi attraversa la mente: ora ognuno all’Asmara potrà sapere con
esattezza quando scocca la sua ora!
1
- Giuseppe Messina S. I. - Libro Apocalittico Persiano "AYTAR
I ZAMASPIK" - Roma - Pontificio Istituto Biblico, 1939 - Biblica
et Orientalia N° 9. - Vedi anche: "The Religion of Babylonia,
by W. St. Chad Boscawen in 'Religious Systems of the World'
London 1905, page 16 " … the legend of Oannes, recorded
by Berosus. This strange fish-man rose day by day from the waters
of the Erythaean sea, to teach men the first elements of civilization."
2
- Va senz'altro sottolineato che questi irriducibili nostalgici,
una generazione ormai pressochè estinta (nota del 2002!),
sono coloro che in epoca coloniale hanno costruito Asmara e
gran parte dell'Eritrea e nel dopoguerra, vinti ma comunque
irriducibili non si sono arresi all'Amministrazione Britannica,
agli scifta, ai problemi interni creati dalla guerra di liberazione
in corso con l'Etiopia ma hanno costantemente continuato nella
loro opera e l'Eritrea ne subiva i benefici. Niente al di la
del terremoto della Rivoluzione Comunista e il conseguente espropio
di quanto le loro mani laboriose avevano creato avrebbe potuto
fermarli. Era una generazione di uomini con uno spirito diverso
e un grande amore per l'Eritrea.
Da
tanti Eritrei mi son sentito dire che tutto quello che è stato
fatto dagli italiani in Eritrea è stato fatto esclusivamente
per se stessi. É una comune prerogativa dell'essere umano agire
in tal senso, ma è altrettanto innegabile che l'Eritrea e il
popolo eritreo di quest'opera inimitabile ne subivano il benefico
impatto.
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