Contrariamente
al solito mi sveglio molto presto, forse è il brontolio di quei
tuoni in lontananza ma in effetti sono tuoni strani e non è
tempo di piogge - non passerà molto e mi renderò conto che quei
tuoni sono il canto lontano dei cannoni; non si distingue bene,
ma sembra che venga da tutte le direzioni. In un certo senso
non ci impressiona più di tanto; mia moglie si reca come al
solito al lavoro, io di norma ci vado un'oretta dopo per cui
ho tutto il tempo di andare a prendere le bambine che hanno
dormito a casa di Lelle che ha due bambini pressapoco coetanei
delle mie bambine. Sembra che i tuoni aumentino - o forse si
stanno avvicinando - in effetti mentre con le bambine in auto
torno verso casa nelle strade si vedono un pò ovunque indaffaratissimi
militari etiopici che piazzano mitragliatrici pesanti in mezzo
alla strada, sotto il grande e moderno palazzo che ospita l'albergo
Nyala ormai la strada è praticamente sbarrata e riesco a passare
a malapena e lentamente tra due mitra piazzati sull'asfalto
solo perchè i militari, troppo impegnati a preparare qualcosa
che fra non molto sarà più che evidente, non mi fanno cenno
di fermare; la gente cammina veloce o corre verso destinazione
ignota ma tutti hanno la stessa sensazione, tutti cercano rifugio
prima che sia troppo tardi.
Il
tutto non sembra essere molto tranquillizzante per cui poso
le bambine a casa e mi reco a prendere mia moglie in ufficio;
laddove lavora passa la strada che conduce al campo militare
della 2a divisione, il raggruppamento più imponente ed importante
della regione e la migliore tra le divisioni scelte di S.M.I.
l'Imperatore Hailè Selassiè - il
Negus - ed è una strada obbligata per gli autoveicoli militari.
Nel loro ufficio ormai più nessuno lavora, quel canto che si
avvicina diventa sempre meno rassicurante. In pochi minuti siamo
nuovamente tutti riuniti a casa ed indubbiamente abitiamo forse
nella casa più protetta della città. Adagiata sotto una collina
alla quale è saldamente incollata - l'unica collina della città
e anche d'importanza storica in quanto sulla cima vi fu nel
secolo scorso l'osservatorio dell'imperatore etiopico Ras Alula
- sostituito ora con un grande serbatoio dell'acquedotto municipale
- protetta da una grande villa sulla sinistra - verso sud -
una davanti ed una palazzina sul fianco opposto; un cortile
stretto e lungo circa trenta metri conduce all'ingresso principale;
indubbiamente solo un aereo la può colpire e solo se proveniente
da sud-ovest e fa piacere abitare in un luogo simile, specialmente
in certe situazioni.
Mi
viene in mente che Elias, Tesfai e Chidanè, i tre fedeli esattori
che lavorano nel nostro ufficio saranno la, come al solito,
in attesa che arrivi qualcuno per poi iniziare il loro giro
diurno per l'incasso degli affitti. Decido che sarebbe meglio
andare ad avvisarli di chiudere l'ufficio e di godersi una giornata
di ferie …non si sa mai; ma non mi passa neanche lontanamente
per la mente che potrei usare il telefono casalingo e mi avvio
verso la vettura parcheggiata davanti casa. Sul lato opposto
della strada scorgo Alfredino in osservazione davanti al cancello
della propria abitazione e gli chiedo se vuol venire a fare
un giretto con me, in fondo si tratta di meno di cinque minuti
ma lui preferisce non muoversi; mi reco spesso in ufficio a
piedi, ci vuol meno di dieci minuti senza la minima fretta,
al massimo un paio di minuti in macchina se si incappa nel semaforo
rosso. Tutto è tranquillo in quel tratto di strada, quasi rassicurante
e comunque quando arrivo davanti all'ufficio vedo che è già
chiuso, anche il bar sull'angolo sta precipitosamente abbassando
la saracinesca e proprio in quel momento scoppia il finimondo,
cominciano a sparare ovunque, all'impazzata e vicinissimi. Verrò
a saperlo solo la sera ma in quei momenti il Sig. Cordaro, proprietario
di un panificio, venne trucidato meno di cento metri alle mie
spalle mentre tentava di abbassare la saracinesca del negozio
dai militari etiopici.
Non
vedo ne da dove ne contro chi sparano ma ho la vaga sensazione
di viaggiare tra le pallottole; accellero e imbocco la via principale
della città, poco innanzi vi è un semaforo. A quei tempi avevo
idee strane, in nessun caso disubbidire alle leggi vigenti e
il semaforo ovviamente è rosso per cui arresto la vettura, sul
lato destro c'è la National Bank of Ethiopia e nel cortile antistante
la banca qualche mitra deve aver perso il controllo di se stesso
dato che il rumore è assordante, ma non viene solo da la, è
ovunque ma non vedo nessun uomo armato da nessuna parte e ovviamente
neanche gente disarmata, tutti si sono volatizzati istantaneamente
cercando riparo come e dove possibile.
Scorgo
nello specchietto retrovisore una Volkswagen verde che si avvicina
velocemente, mi scansa mi sorpassa e curva sulla destra ad andatura
folle e non mi sembra giusto che passi col rosso; riconosco
la macchina, è il Sig. Ghevre-Jesus, abita meno di cento metri
da me sulla stessa strada e fra neanche dieci secondi sarà al
sicuro. Scatta il verde e mi avvio a mia volta e certo non lentamente,
la mia stretta osservanza delle leggi aveva una lacuna in un
certo senso ereditaria ed incurabile, i limiti di velocità per
me non sono mai esistiti … ne esistono tutt'ora. Pochi secondi
e vedo il maggiolino verde in sosta sulla destra e il
Sig. Ghevre-Jesus che si avvia velocemente verso il cancello
del garage, interrato sotto un alto muro e sul quale sorge la
sua abitazione. Dopo pochi secondi anch'io sono parcheggiato
sulla destra e ho il lampeggiatore che indica che devo girare
per dirigermi verso il cancello poichè stanno velocemente sopraggiungendo
tre automezzi pesanti militari, non è il momento di rischiare
incidenti e osservo le direttive della precedenza attendendo
che passino, o almeno tale era la mia intenzione.
Ad
un certo momento percepisco come un rumore di vetri infranti
ed una leggera ma anomala sensazione alla gamba sinistra e,
pure in maniera anomala dato che non ho assolutamente il tempo
di valutare la situazione, mi rendo conto che da quell'autocarro
straccarico di militari qualcuno sta esercitandosi scaricando
la sua arma sulla mia vettura, forse infastidito dal lampeggiare
dell'indicatore di direzione.
Istintivamente
apro le braccia e cado riverso, ucciso sul sedile a lato,
forse così appagati smetteranno di giocare al tiro a segno.
Il secondo camion è poco distante e dopo l'esperienza del primo
decido di offrirgli un bersaglio un pò più piccolo per cui mi
rannicchio sotto il cruscotto in modo da essere il più possibile
protetto dal motore, tra di me borbotto "mal che va ci lascerò
le gambe" ma forse gli uomini del secondo camion hanno altre
cose per la testa, non sono pronto a giurarlo ma credo che non
abbiano sparato, forse non hanno notato il lampeggiatore laterale
della vettura ancora attivo, forse i primi si erano solo preoccupati
di spegnerlo ed in verità l'hanno mancato di ben poco … e così
passa anche il secondo camion. Son certo che il terzo camion
è più lontano, alzo la testa ed in effetti lo è per cui decido
di fare una sortita, abbandono la vettura non senza rispettare
le buona regola di spegnere il motore e portarmi via la chiave
e mi avvio di corsa per attraversare la strada e ripararmi dietro
al cancello ma già - chissà perchè certe cose vengono in mente
così velocemente e solo al momento meno propizio - la chiave
del cancello che ho in mano, anche questo stranamente insolito,
è quella di mia moglie, è difettosa e bisogna sempre trafficare
un pò con la serratura per riuscire ad aprirlo. Mi sento irrimediabilmente
perso, mi vedo inchiodato su una lastra di ferro color crema,
ma ormai sono in ballo, certamente non ce la faccio più a tornare
sui miei passi e nascondermi dietro l'angolo presso la macchina
per cui raggiungo il cancello, infilo la chiave nella serratura
e incredibilmente - apriti Sesamo - s'apre d'incanto, non è
ancora ben chiuso che sono al riparo dietro il robusto pilastro
di sostegno del cancello e con alle spalle un alto muro di pietra.
Il camion passa, ora sento di nuovo il finimondo, pochi attimi
prima ovviamente non era diverso ma ero troppo occupato per
rendermi conto che quella musica non era mai cessata.
Sono
ovviamente incuriosito ma non oso alzarmi in punta di piedi
per vedere che tempo tira fuori; attendo qualche istante e,
sentendomi ormai al sicuro, mi avvio verso l'uscio di casa.
Mia moglie è, come si suol dire, su tutte le furie dato che
la preoccupazione aveva ceduto il posto alla rabbia di avere
un compagno così poco intelligente, ma il telefono non mi ha
mai attratto e dopotutto mi sono assentato per solo quattro
minuti. Mio padre è fuori di se e non riesce a capire chiaramente
cosa stia accadendo e continua a chiedersi contro chi stessero
sparando così all'impazzata, ininterrottamente, e quella sparatoria
durerà ore. Passano pochi minuti, giusto quanto basta perchè
mia moglie ritrovi la tranquillità per il ritorno del redivivo
marito e tiro su la gamba sinistra del pantalone, estraggo alcune
piccole schegge di pallottola dallo stinco insanguinato e gliele
porgo in dono …meno male che almeno lei è disarmata!
Quando
la sparatoria si attutisce - si sa, anche i militari hanno diritto
all'ora di riposo per il pranzo - ricupero la vettura non senza
ridestare qualche perplessità e preoccupazione in famiglia per
la piccola passeggiata e il dover spalancare il cancello, ma
la mia vettura è sacra - son tante le soddisfazioni che mi ha
dato in campo agonistico, tra le quali due
coppe dalla mani dell'Imperatore! Sul pilastro in mattoni
del muretto a fianco al luogo ove l'auto era parcheggiata scorgo
dei buchi grandi come scodelle per il caffelatte, ovviamente
sparavano pallottole espansive e la loro non-osservanza delle
convenzioni internazionali molto probabilmente mi aveva evitato
qualche foro piccolo ma dai netti contorni e procurato solo
poche schegge di pallottola che mi si erano conficcate nello
stinco viaggiando in qualche modo lungo il pedale della frizione
non essendoci buchi all'interno dell'auto; l'iniziale rumore
di vetri infranti si era forse provvidenzialmente creato nella
mia mente dato che tutti i vetri della vettura erano sani, ma
quei cinque buchi sul cofano stonavano un pò e quelli sul piantone
dell'ammortizzatore propio non mi piacevano affatto con tutto
che, essendo la vettura preparata per le competizioni, spesso
avevo pensato come e dove bucarla per allegerirla un pò. Che
l'etiopico lo sapesse?
La
sera in qualche modo veniamo a sapere che il Sig. Ghevre-Jesus
è rimasto gravemente ferito mentre cercava di aprire la porta
del proprio garage … ma si sa, non fermarsi ai semafori è pericoloso.
In
margine a questa storiella, un fatto curioso: da piccolo ero
un ragazzo irrequieto e rissoso e spesso mi veniva in mente
questa frase "se mi capita qualcosa di brutto faccio finta di
morire"; ormai quella frase l'avevo dimenticata da anni (ma
non troppi!) ma ovviamente mi era penetrata nel subcosciente
quanto bastò per innescare un riflesso automatico al momento
più opportuno.
L'ora
di pranzo termina e si riprende il lavoro e così pure riprendono
le pesanti sparatorie che proseguono per tutta la giornata e
parte della notte e anche se meno intense per molte giornate
ancora. Naturalmente in tutta la città tutti quelli che ne hanno
la possibilità sono in cortile sotto il cielo solcato da innumerevoli
traccianti luminosi con il registratore acceso per immortalare
in una cassetta le note più salienti di quella mal orchestrata
sinfonia.
La
mia abitazione aveva un bel salone largo quattro metri e lungo
dodici. In qualche modo - come non lo rammento più a parte le
difficoltà connesse al ricupero di un giovane italiano handicappato
dalla poliomelite che abitava nei pressi della Radio Marina
(Track "A", laddove in precedenza la Kagnew Station aveva la
stazione trasmittente) ora occupata dalla marina (ex) Imperiale
Etiopica che nelle sue file aveva i fucilieri più irrequieti
di tutto l'impero e che era ormai da giorni costretto a vivere
con la madre a ridosso del muro sotto il davanzale di una finestra
dato che era l'unico angolo della sua abitazione dove non si
piantavano le pallottole dei marinai, costrette dal muro a passargli
sulla testa a filo di capello - si riempì di rifugiati, per
lo più amicizie, dato che come ho già accennato la mia abitazione
era vulnerabile solo dal cielo e da sud-ovest. E a proposito
di vulnerabilità dall'aria una piccola disgressione: il Sig.
Gambino, un anziano falegname italiano che viveva non molto
lontano da me, praticamente alle falde posteriori rispetto alla
mia dimora del monte-fu-osservatorio imperiale, chissà perchè
un dì decise di rompere con le consuete abitudini e di andare
a dormire nella stanza attigua alla camera da letto. Nel cuore
della notte un katiuscia forò il tetto ed esplose nella
sua camera da letto. Il giorno dopo era sotto shock all'ospedale
italiano e poi non ancora completamente ristabilito sull'aereo
(forse come in precedenza accadde a molti altri connazionali
solo con il pigiama addosso) che lo riportava in patria.
Non
rammento quanto quella situazione in quel salone col pavimento
ricoperto da una fila di materassi si prolungò, forse per più
di un paio di settimane. Comunque, indimenticabile rimane lo
spirito di amicizia e collaborazione, l'umanità che si manifesta
in certe circostanze. Pure indimenticabile quanto quell'umanità
che spesso crediamo di aver lasciato alle spalle sia palpitante
in noi e pronta ad emergere. Ma per rendersene conto, perchè
emerga, è necessario condividere disagi, sofferenza e paura
altrimenti in nostro egoismo difficilmente si arresta, ci vuole
uno scossone tremendo per farci comprendere che non siamo soli
al mondo e che non possiamo vivere solo ed unicamente per noi
stessi.
É
passato del tempo, alcuni mesi e la situazione è mutata: di
giorno non sparano quasi più, solo qualche sporadico colpo,
qualche bomba ma niente di veramente allarmante. Un mattino
mentre mi reco forse per l'ultima volta in ufficio quasi inciampo
in un uomo con un freschissimo foro nella nuca riverso sul marciapiede
in una pozza di sangue innanzi all'ingresso del Bar Royal, il
principale della città; mi dicono che lo hanno appena giustiziato
i ribelli ma ormai queste cose mi toccano poco … e poi per abitudine
il caffè lo prendo al Bar Alba, poco discosto.
Il
coprifuoco non inizia più alle 18.00 ma bensì alle 18.30 per
cui prima di cena posso fare una passeggiata con la consorte
e forse alle 18.29 passo presso la grande cabina di distribuzione
elettrica, un bella costruzione in mattoni a facciavista una
trentina di metri in linea d'aria da casa e alle 18.30 puntualissima
come al solito, Abeba, la domestica, mi mette gli immancabili
spaghetti in tavola. Solo un paio di forchettate e poi un tremendo
botto, il monte con ben attaccata la mia casa trema tutto e
la luce se ne va. Quando accendo la candela per finire gli spaghetti
mi rendo conto con orrore che il condimento è cambiato, i frammenti
di vetro del lampadario sembrano tutti nel piatto. In qualche
modo finisco la cena rinunciando a malincuore agli spaghetti
col sugo al vetro e poi esco e mi avvio verso il cancello. Fuori
tutto è calmo, non una luce, non un'ombra al debole chiar di
luna - i militari ovviamente evitano anche loro le zone rumorose
col buio - calmo e deserto ma non mi azzardo a mettere il naso
fuori dal cancello per curiosare, non val la pena rischiarlo;
penso che forse è saltata la cabina di distribuzione.
Quando
il mattino esco per recarmi al lavoro mi rendo imnmediatamente
conto, grazie al mio gran spirito d'osservazione, che quel bel
fabbicato rosso in mattoni che occupava una superficie di non
meno di venti metri quadrati su quella gradinata e dal quale
si dipartivano innumerevoli pesanti cavi elettrici non esiste
più, si è volatizzato col calar del sole e per tre mesi ancora
sarà la luce della candela a tenermi compagnia a cena. Gli uomini
del Fronte di Liberazione l'anno fatto saltare e alcuni pezzi
si trovano nella piazzetta della palma, ben oltre cento metri
più avanti.
La
piazzetta della palma è sempre stata famosa, era il miglior
punto di riferimento della città; con la guerra la sua fama
crebbe ancora, si dice che spesso, all'alba, era contornata
di cadaveri di gente trucidata nella notte dagli etiopici. Personalmente
non l'ho mai notato, a scuola (avevo cambiato lavoro) come al
solito mi ci reco alle otto. Dicono che anche il nostro amico
Nasrai Masciò, un simpaticissimo commerciante mussulmano col
quale avevamo avuto per anni rapporti di lavoro, riposava la
una mattina all'alba, non lo so, per certo so che l'hanno trucidato
a tarda notte nella sua abitazione all'altro capo della città,
apparentemente servendosi di un buon fil di ferro probabilmente
consunto dall'uso costante su colli più o meno reticenti. Si
dice anche che siano i Tor Serauit (militari etiopici) ad ornarla
in siffatto macabro modo ma io non lo so, si
dicono tante cose.
La
luce non è ancora tornata ed una mattina poco prima dell'alba
alcuni possenti botti rallegrano il sonno e zittiscono il gallo,
uno di quei botti è particolarmente vicino … troppo vicino!
Che abbiano interrotto la ricostruzione della cabina elettrica?
No, questa volta hanno fatto saltare diverse cabine di distribuzione
dei telefoni ed una di queste era quasi attaccata al nostro
cancello … finalmente, sei mesi senza telefono. E, a proposito
di telefono, una nota più attuale … sapete che da oltre un anno
non si può più comunicare con l'Asmara? Un grande ripetitore
è stato fatto saltare da uno degli ormai numerosi fronti di
liberazione che si agitano in Etiopia, penso che sia quell'enorme
lastra metallica incollata su un monte nei pressi dell'Amba
Alagi e che dava l'impressione di un enorme specchio sospeso
nel cielo; indubbiamente non dovrebbe essere difficile sostituirla
ma a qualcuno fa comodo tenere Asmara ben isolata dal resto
del mondo, meno notizie se ne hanno al di fuori e meglio è.
Devo
recarmi in banca oggi, è strano, non ho più affari con le banche
… Con la mia macchina non è consigliabile andarci, i taxi sono
spesso presi di mira dai fucili dei Tor Serauit perchè spesso
trasportano ribelli. Ovviamente la mia vettura non è un taxi
ma tutti i taxi sono gialli e il mio Fiat 1100 Musetto
che ha sostituito la bucatissima 124 è giallo con i parafanghi
arancione, ci si può sbagliare facilmente. In seguito ovvierò
all'inconveniente con un paio di bombolette di vernice celeste
sul cofano e sul portello del bauletto, oggi vado in banca con
la vettura di un conoscente che abita nella villetta di fronte
a me, se non è gialla viaggio abbastanza tranquillo. Non rammento
perchè ma indipendentemente dal colore del Musetto sarà
la prima ed ultima volta che uso la vettura di un conoscente.
Non
è molto che mi trovo in banca, con me mia moglie, quando ci
rendiamo conto che stanno chiudendo le porte dall'interno (ovviamente
preavvisati …!), è questione di attimi e scoppia il finimondo,
apparentemente sparano ovunque - ogni tanto capita … Attraverso
gli ampi vetri grigi antiproiettile della facciata della banca,
una costruzione modernissima, si vede un militare che continua
a caricare e poi scaricare il suo fucile contro qualcosa che
non vediamo ma abbiamo l'impressione che il luogo da lui preso
di mira sia deserto da un pezzo e non offra bersagli degni di
attenzione, ne arrivano colpi di ritorno. Sul tetto della banca
i mitra stentano a tacere ma forse anche quelli hanno una discussione
tra di loro dato che nessuno da lontano gli risponde, non un
graffio sulla banca, e poi tutto cessa, improvvisamente ed ovunque;
ci confronta solo un grande punto interrogativo: contro chi
sparavano?
Per
motivi di sicurezza ci aprono le porte della banca solo dopo
una buona oretta di quiete esterna e mentre mi appresto ad uscirne
un conoscente, un anziano greco con la moglie che abita praticamente
sul retro della collina che sovrasta la mia abitazione mi chiede
se posso offrirgli un passaggio. Mi passano un sacco di imprecazioni
per la mente ma non posso fare altro che acconsentire anche
se non avrei voluto far altro che rifiutare - era la tipica
richiesta sbagliata fatta dalla persona sbagliata alla persona
sbagliata nel momento sbagliato per recarsi in un luogo sbagliato
dato che per accompagnarlo devo passare davanti al distributore
della Shell, il luogo più temibile, più insanguinato della città.
Il distributore è sempre presidiato da numerosi militari etiopici
che mai perdono l'occasione - quando come ogni tanto accade
in questa bella cittadina, i militari ricevono carta bianca
e possono sparare liberamente e a volontà su chi più gli aggrada
- di scaricare le loro armi su chi gli si presenta a tiro e
in quel luogo le strade e i muri, in particolare quello lungo
il lato destro del Bar Milano, giusto opposto al distributore,
son sempre insanguinati e questa volta non lo so perchè "si
dice che … "
Come
tutti i presenti nella banca mettiamo fuori prima solo la punta
del naso, poi un piede e poi se nulla accade anche l'altro e
così via finchè ci ritroviamo anima e corpo sulla vettura e
partiamo, tutto è apparentemente tranquillo in giro ma naturalmente
le strade sono deserte e invece di girare alla prima traversa
che mi farebbe passare di fronte al distributore giro alla seconda,
la via una volta si chiamava Via Daniele Comboni, così potrò
passare dietro al distributore maledetto… sulla brevissima laterale
che dalla via Comboni porta al distributore un militare scorge
la vettura e grida, con il fucile puntato sulla medesima "ttenù"
(fermo) ma tra di me penso che sarebbe stupido farlo proprio
in quel momento e accellero portandomi temporaneamente fuori
dalla portata della sua arma e poi pianto i freni, è tutto questione
di attimi.
Il
greco è terrorizzato, sua moglie e mia moglie sul sedile posteriore
della bianca Volkswagen hanno la testa china tra le mani in
attesa della fine e il militare sbuca dall'angolo impugnando
l'arma in posizione di tiro sicuro che non permetterà a quella
vettura di andare molto lontano ma inaspettatamente la trova
già ferma in un certo senso ad affrontarlo a non più di tre
metri dalla canna del suo fucile. Io sono con la testa il più
possibile allungata al di fuori del finestrino e le mani tanto
alte al di sopra della medesima che più non le sento e come
il militare appare grido: "ferenji… ferenji… ferenji..";
era quella la parola da loro usata per indicare gli stranieri,
in particolare gli italiani. Non mi passa per la mente di fargli
notare che la vettura non è gialla e tantomeno, come la maggior
parte dei taxi di Asmara una vecchia Fiat, potrebbe comunque
essere daltonico. Il fucile è puntato su di me, sembra più che
intenzionato a sparare e ho quasi la certezza che lo farà tanto
più che la canna probabilmente è ancora ben calda per via della
precedente sparatoria. Continua a guardarmi con il fucile puntato
e il dito nervoso sul grilletto e io continuo a dire, ma ormai
senza convinzione, "ferenji … ferenji…". Avevo l'impressione
che tra i reciproci sguardi intercorresse qualcosa simile ad
un canale di comunicazione solido e tangibile, tanto era palpabile
la pericolosità della situazione; lui probabilmente si rende
conto che forse non è il caso di uccidere un ferenji così a
sangue freddo senza ovviamente averne un buon tornaconto, forse
ha sentito dire che i ferenji si fanno il più possibile gli
affari loro e dopotutto non sono così cattivi e pericolosi.
E poi quelle due donne chine la dietro non si possono uccidere
due volte, ormai sono già morte di spavento. Il greco probabilmente
non lo vede neanche, dev'essersi nascosto dietro la leva del
cambio - e questo quà è già aggrappato al paradiso … nè la vettura
è gialla … abbassa lentamente la canna del fucile e poi con
la medesima mi fa segno di andarmene, rispondo e senz'altro
con sentita gratitudine con un "yakagneley" (grazie)
e siamo salvi. |