Capitolo 10

GUERRA E PACE

 
 
 

"Re Vistap domandò: com'è la terra e la regione degli occhi-sul-petto e degli orecchi-sul-petto e dei loripedi e dei nani e dei cinocefali?" 1

Affacciata su quel mare che in epoche remote vedeva Oannes sorgere per dare all'uomo i primi rudimenti della civiltà, stesa tra il 2° e il 18° parallelo nord e confinante con la Somalia, il Kenia e il Sudan questa dev'essere la terra che incuriosiva quel mitico re Persiano, Plinio, Tolomeo e tanti, tanti secoli più tardi anche gente comune come me e te.

Popolata per la maggiore da fiere popolazioni di ceppo cuscita e in misura minore nilotici che sempre hanno saputo conservare la loro indipendenza, grande oltre quattro volte l'Italia, offre una varietà geomorfologica, faunistica e floristica unica al mondo.

Unico al mondo è anche il manto di dolore che attualmente la ricopre; ovunque si son creati fronti di liberazione, movimenti separatisti e indipendentisti che combattono contro il governo centrale un pò ovunque ma in particolare in Eritrea ove da ormai un trentennio una lunga, sanguinosa lotta si svolge con fasi alterne e pure alternativamente alimentata dalle grandi potenze, alternativamente nel senso che le alleanze sovente si ribaltano per quel che riguarda le forniture di strumenti di morte e in un certo senso di primaria importanza risulta nella creazione di questo stato di cose la responsabilità della grandi potenze, notoriamente Stati Uniti e in particolare Unione Sovietica, che non esitano a offrire apertamente un pugno di grano e meno apertamente enormi quantitativi di armamenti che infloridiscono le loro rispetive industrie sulla pelle delle popolazioni del terzo mondo.

La carestia, da epoche remote uno dei mali endemici dell'Etiopia, logicamente ha ispessito a dismisura quel già penoso manto di dolore in quanto tutte le braccia valide, incluso bambini, anziani e donne hanno abbandonato gli attrezzi di coltura e, sovente forzatamente, si son ritrovati a combattere una guerra fraticida gettati in una lotta che al di la di quei confini apparentemente non interessa nessuno, ma che forse cominciamo a sentire solo per l'incomodo peso di decine di migliaia di profughi e rifugiati che cominciano a far parlare di se per via di incresciosi episodi di intolleranza razziale da parte nostra.

Devo ammetterlo, laggiù anche noi abbiamo subito episodi - ma comunque di lieve entità - di razzismo ma era un razzismo istigato e instillato politicamente o dal ricordo delle atrocità della seconda guerra mondiale, un razzismo forse necessario a consentir loro di preservare la loro identità rispetto a quei bianchi che che culturalmente e socialmente si sentivano superiori e non esitavano ad ostentarlo.

Si fanno manifestazioni e comizi, si tappezzano di cartelli e scritte più o meno clandestine i muri delle nostre città per altre cause non sempre altrettanto valide e indubbiamente meno sanguinose e penose, dimmi … perchè nessuno si muove per ridare al paradiso le sua sembianze?

Quando l'Italia era un impero niente era più importante dell'Etiopia; quando il nostro impero è crollato nessuno ha comunque dato più degli italiani a quelle terre e nessuno più degli italiani colà rimasti ne ha beneficiato; quando l'Impero Etiopico si è sfasciato e dissolto sotto la falce e il martello nessuno si è dimostrato più noncurante degli italiani. Eppure con quelle terre e quei popoli abbiamo avuto un legame storico indissolubile che ha messo in secondo piano anche le atrocità perpretate - da ambo le parti - durante le guerre coloniali e l'ultimo conflitto mondiale.

Altrove ho scritto che ai lati opposti della cittadina di Keren vi sono i cimiteri di guerra britannico ed italiano, ove le croci non si contano, e, in quello italiano son numerosissime le lapidi che indicano, immancabilmente con la dicitura ignoto gli ascari caduti combattendo a fianco e per la stessa causa dei nostri militi; ci sono molti altri cimiteri di guerra in quelle terre e molti altri ne sorgeranno …

Nei momenti più intensi della guerra, tra il 1975 e il 1977, quando la mia cambusa era stracolma di generi alimentari e l'acqua traboccava dai miei fusti di riserva, più d'una volta sfidando le pallottole qualche eritreo venne a bussare alla mia porta offrendomi un piatto di cibo - era l'offerta di chi non aveva più niente altro che una manciata di cibo e un sorso d'acqua … conosci qualcuno che merita di più di quelle genti … ? Ma dimmi, perchè non ti interessano? Nessuno deve a loro più di quanto noi gli doviamo, nessuno è stato accumunato a loro nella storia e nella sofferenza quanto noi lo siamo stati, perchè questa cecità e questa indifferenza?

Se parli con un eritreo, ti rimprovera risentito che noi, così a lungo accumunati a loro, non abbiamo mai mosso un dito per aiutarli nella loro guerra; personalmente trovo senz'altro giusto l'aver evitato forniture belliche anche se in tutta probabilità questo gesto di apparente civiltà è dovuto esclusivamente alla salvaguardia dei pochi connazionali la rimasti, non possiamo inimicarci la fazione opposta; ne avendo precisi rapporti politici con uno stato possiamo attizzarne i fuocherelli interni anche se, per ovvie ragioni storiche, siamo più propensi ad un legame con l'Eritrea che con un'Etiopia in mano ad una dittatura repressiva e sanguinaria. Nessun eritreo mi ha mai rimproverato il fatto che noi non abbiamo fatto niente per la pace, lui vive con un ideale preciso - combattere fino alla fine per l'indipendenza - e apparentemente non nota questo risvolto. Ma se - a mio avviso giustamente - non li aiutiamo per la loro ovvia causa in termini di morte possiamo evitare loro una grande ingiustizia da parte nostra e fare nostra la loro causa in termini di vita e muoverci, aiutarli per la pace.

Qualcuno obietterà che abbiamo mandato grano, vestiario, generi di prima necessità e medici in quei momenti in cui l'opinione pubblica si è sensibilizzata, ma non basta e serve a poco; gli stomachi si svuotano presto, le malattie incalzano, la loro vita ricoperta di sudici cenci continua miseramente. E quegli aiuti non son comunque finiti dove erano indirizzati.

Personalmente non ho mai dato una lira a benemerite organizzazioni umanistiche a loro favore, e non esito a dirlo, tanta gente già grassa e corrotta è ingrassata ancor di più con quegli aiuti e non solo in Etiopia e ancora non esito a dirlo, ma anche Roma …

Il mio contributo voglion esserlo queste righe e non è un contributo unilaterale perchè la pace tocca ambo le parti e in ultima analisi io, italiano di nascita e cittadino italiano, come tanti di voi sono nato e vissuto tra quelle genti e appartengo più a loro che alla mia eredità etnica e culturale.

Quand'ero bambino nel mio portafoglio avevo sempre un lembo di bandiera tricolore, che tutt'ora conservo; con i compagni di scuola si giocava alla guerra. Tra di noi alternativamente uno era il Duce, uno era il Duca d'Aosta, uno era Graziani e così via. La fazione opposta ovviamente comprendeva Rommel, Bismark e forse Hailè Selassiè o Stalin; sovente qualcuno impersonava il giovane Principe Ereditario Etiopico, perito in un tragico ma più probabilmente artificiosamente creato incidente automobilistico, principe che era la speranza di tutti gli etiopici e stranieri che guardavano all'approssimarsi del dopo Hailè Selassiè. Ovviamente per noi bambini erano solo nomi che ci arrivavano dall'eco ancora non smorzato di una guerra appena terminata ma tutti indistintamente sentivamo una cosa, l'amore per la patria lontana che non conoscevamo, la nostra italianità.

I bambini giocano ancora alla guerra in Etiopia e in Eritrea, ma le loro mani non sono armate col fucile di legno come quello che mi costruiva lo zio falegname ma con Kalashnikov sovietici e M16 statunitensi, il loro gioco è un gioco con la morte e noi indifferenti lasciamo che continui mentre guardiamo i nostri figli crescere allegramente superconfortati da spesso inutili e superflue comodità, addobbati ostentatamente e nutriti sino alla nausea; a volte ci capita di chiamarli per fargli vedere sullo schermo del televisore tanti piccoli scheltri malati e sofferenti, i fratelli e le sorelle minori o i figli dei bambini che un giorno giocavano con loro.

Questo stupendo pianeta, la terra, ospita un esiguo gruppo di individui che il vento degli eventi ha sparso un pò ovunque nel globo, vittime di un malanno tanto grave quanto incurabile e che si acquisisce solo in una delle regioni più piccole del globo: in Eritrea. Il morbo è una nostalgia irriducibile e nessuno che abbia vissuto in Eritrea ne è esente né può esserne curato. Buona parte di questo gruppo di irriducibili nostalgici 2 si abbevera alle fonti del Mai Tacli, una rivista in lingua italiana creata da loro per loro e per chiunque nutre un certo interesse per l’Eritrea. Parlano continuamente del mal d’Africa, anche loro come me hanno l’Africa che si portano dentro, anche loro come me sono nati o comunque vissuti a lungo nell’Eden e rammentano solo e sempre una terra ormai mitica che considerano la loro terra e più di te, che sai solo per sentito dire, sanno cosa vuol dire perdere il paradiso. Quello che hanno nel cuore però non è solo nostalgia ma anche sofferenza, sofferenza dovuta alla situazione che in Eritrea attualmente imperversa e che come possono, nella loro ristretta cerchia, cercano di lenire mandando aiuti e cos’altro possibile.

Tra le altre cose ora sono riusciti a mandare in porto una colletta che permetterà di rimettere in sesto il grande e vecchio orologio del campanile della magnifica cattedrale di Asmara che costruito in mattoni su una base di pietra e alto cinquantadue metri lo rendono visibile da ogni lato della città e dotato di un gruppo di grosse campane che ai bei tempi e sotto la direzione del vecchio padre Egidio avrebbero benissimo potuto suonare la nona sinfonia di Beethoven.

Leggendo la notizia sul Mai Tacli ed alla quale fa sfondo una foto del campanile citato, date le attuali circostanze un pensiero cupo mi attraversa la mente: ora ognuno all’Asmara potrà sapere con esattezza quando scocca la sua ora!

 

1 - Giuseppe Messina S. I. - Libro Apocalittico Persiano "AYTAR I ZAMASPIK" - Roma - Pontificio Istituto Biblico, 1939 - Biblica et Orientalia N° 9. - Vedi anche: "The Religion of Babylonia, by W. St. Chad Boscawen in 'Religious Systems of the World' London 1905, page 16 " … the legend of Oannes, recorded by Berosus. This strange fish-man rose day by day from the waters of the Erythaean sea, to teach men the first elements of civilization."

 2 - Va senz'altro sottolineato che questi irriducibili nostalgici, una generazione ormai pressochè estinta (nota del 2002!), sono coloro che in epoca coloniale hanno costruito Asmara e gran parte dell'Eritrea e nel dopoguerra, vinti ma comunque irriducibili non si sono arresi all'Amministrazione Britannica, agli scifta, ai problemi interni creati dalla guerra di liberazione in corso con l'Etiopia ma hanno costantemente continuato nella loro opera e l'Eritrea ne subiva i benefici. Niente al di la del terremoto della Rivoluzione Comunista e il conseguente espropio di quanto le loro mani laboriose avevano creato avrebbe potuto fermarli. Era una generazione di uomini con uno spirito diverso e un grande amore per l'Eritrea.
Da tanti Eritrei mi son sentito dire che tutto quello che è stato fatto dagli italiani in Eritrea è stato fatto esclusivamente per se stessi. É una comune prerogativa dell'essere umano agire in tal senso, ma è altrettanto innegabile che l'Eritrea e il popolo eritreo di quest'opera inimitabile ne subivano il benefico impatto.
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